Loeb al Rally Açores 2023 ha dato una sua, ennesima dimostrazione pratica di cosa sia la nozione di talento.
Mistero, quello del talento, che nella storia dello sport, ma anche nello studio scientifico in particolare nella filosofia ha messo in difficoltà analisti e pensatori di ogni epoca e cultura, per la complessità della sua comprensione, della sua definizione.
Ecco, Sebastien I Re di Francia è uno di quei geni che è riuscito a trasmettere questa bellezza attraverso la velocità e il controllo di un’auto da rally. In un’epoca in cui l’epica scarseggia e per questo c’è la tentazione di abbassare l’asticella e definire talento ciò che talento non è, ecco che l’uomo venuto dall’Alsazia ci ricorda cos’è davvero quel fuoco sacro, che forma ha, che luce emana.
L’ingegnere Yannick Willocx, capo macchina di Loeb alle Azzorre, ha dichiarato dopo la gara che “durante i test, dopo aver definito un set-up standard, [Seb] ha fatto un giro, ha lamentato solo un po’ di sottosterzo in entrata di curva, in fase di frenata, aggiungendo poi però che stava capendo la vettura per adattarsi e portarla al limite.” Un approccio di una semplicità disarmante, rarissimo da riscontrare nei piloti di oggi, che tendenzialmente vogliono adattare la vettura al proprio stile.
Già ai tempi del dominio con Citroen molti si chiedevano le origini profonde di questa velocità e imbattibilità, c’era chi parlava di una straordinaria capacità anticipativa mentale e chi di una memoria fuori dal comune.
Sostanzialmente Loeb si è presentato al Rallye Açores da campione qual è sempre stato, niente di nuovo, ma ciò che continua a stupire è l’adattamento al mezzo meccanico, che è riuscito ancora una volta a portare alla vittoria.
“ha una connessione tra occhi, cervello, mani e piedi di livello superiore.” ha concluso l’ingegnere intervistato.
Lavora ed ha lavorato con molti piloti attuali, il weekend scorso ha capito la differenza di lavorare con una Leggenda vivente
In gara c’erano piloti molto competitivi, forti, di ogni genere: Mikkelsen il professionista affermato soprattutto della categoria Rally2, Veiby e Solans due emergenti di livello, come Erik Cais, altri esperti locali come Ricardo Moura. Eppure Andreas il norvegese favorito della vigilia, nonchè tester-sviluppatore della nuova Skoda Fabia RS Rally2, si è preso 20″ a fine gara, gli altri tutti abbondantemente sopra il minuto.
Che dire? Nel motorsport moderno gli ingegneri dominano incontrastati, ma il talento rimane ancora quel quid umanistico e umanizzante, rispetto alla tecnica che neutra non è più, che ancora riesce a far innamorare. Ricordo una chiacchierata con Luca Baldisserri in cui l’ex ferrarista raccontava come da anni stesse lavorando a una formula matematica per sintetizzare il talento di un pilota. Gli ingegneri son gente strana, come i piloti d’altronde, due forme assolutamente complementari di vivere l’automobile, però spiegava di aver individuato nel tempo di adattamento a parità di condizioni tecniche un fattore principale dell’equazione.
Da Aristotele fino a Kant, a Hegel, a Nietzsche, in molti hanno provato faticosamente a definire il talento, che rimane un dono della natura quasi incomprensibile. Kant sosteneva che il genio fosse la sintesi tra immaginazione, spontaneità di regole non già scritte, e azione concreta da parte dell’individuo, mentre per Nietzsche coincide con l’origine dello spirito apollineo puro che si fa azione. Per molti è qualcosa che si può sviluppare, per molti è un dono divino, ciò che mette tutti d’accordo è che si manifesta in gesti, in azioni di bellezza senza codici, senza linguaggio.
La stessa bellezza che ci regala Sebastien Loeb quando guida. Non possiamo che ringraziare il marziano, troppo umano, per averci ispirato, mostrandoci nuovamente cosa significa talento.
Qualcosa che non si può comprare.